Si parla di riscaldamento globale e cambiamenti climatici. Stiamo cominciando a vederne gli effetti concreti anche in azienda. I risultati sono alquanto controversi. Ci sono aspetti positivi e negativi.
Secondo un articolo di ExpoNet “il riscaldamento globale rischia di minacciare la resa dei raccolti agricoli.” Per evitare un calo della produzione di cibo è bene riscoprire varietà di piante e animali poco utilizzate, ma che hanno dimostrato di adattarsi meglio ai cambiamenti climatici e modificare o introdurre pratiche culturali più sostenibili. A chiederlo, è anche la Fao.
Ecco i punti salienti. I cambiamenti climatici minacciano la biodiversità delle scorte alimentare di tutto il mondo. Aumentare gli sforzi per proteggere le piante e gli animali a rischio estinzione è quindi fondamentale per salvaguardare la resa e la varietà dei raccolti, e fare in modo che questi possano adattarsi più facilmente a un quadro meteorologico e climatico fuori controllo.
Dovremo scegliere le varietà più resilienti: “Alcune varietà di coltivazioni che oggi sono poco considerate dagli agricoltori hanno dimostrato di essere più resilienti, cioè in grado di adattarsi meglio a un aumento della temperatura media globale rispetto ad altre che, pur essendo molto popolari, sono più minacciate dai cambiamenti climatici. Ecco perché, secondo lo studio, assicurare la varietà per garantire la sicurezza alimentare è tra le sfide più dure che l’umanità deve affrontare”.
Come adattarsi ai cambiamenti climatici
“In un mondo più caldo e con condizioni meteorologiche sempre più dure e variabili, piante e animali usati per produrre cibo devono essere biologicamente capaci di adattarsi più velocemente che in passato” ha detto il vicedirettore generale della Fao, Maria Helena Semedo.
“Prevenire ulteriori perdite in termini di risorse genetiche in agricoltura e aumentare l’attenzione per studiare il potenziale di ogni specie incrementerà anche la capacità del genere umano di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Dovremo utilizzare vecchi semi per le nuove aree coltivabili.
“La produzione di cibo mondiale dovrebbe crescere del 60{db4952b922c89c84a11c12771c340231974b29b1a546ab41269169aff40af8ea} rispetto a oggi per riuscire a garantire cibo sufficiente per 9 miliardi di persone, quanto previste per il 2050. Ma le conseguenze del riscaldamento globale – e non solo – sembrano portare a una riduzione delle aree coltivabili in diverse regioni del mondo, dall’Africa subsahariana ai Caraibi, dall’India all’Australia settentrionale. Mentre una loro espansione è prevista negli Stati Uniti settentrionali e in gran parte del continente europeo. Nuove regioni “significa” nuovi semi, o meglio riscoprirne di dimenticati, tornare alle sementi tradizionali, selezionate in centinaia di anni di esperienza, tesoro inesauribile di caratteristiche genetiche. Per fare questo non bisogna abbandonare nessuna varietà, ma custodirle tutte fin quando le mutate condizioni climatiche le risveglieranno dal letargo agricolo.”
Cosa succede da noi in azienda?
In azienda, rispetto al passato, abbiamo notato una maggiore precocità dell’erba ma anche un maggiore durata del pascolo autunnale. Sicuramente l’inverno mite e piovoso favorisce un allungamento della stagione dell’erba e rende le zone collinari e semi-boschive una risorsa preziosa da utilizzare.
Stiamo cercando di definire la stagionalità dei prati nella nostra zona. Sicuramente il periodo più critico è l’estate. Abbiamo visto che negli ultimi due anni i prati sono durati anche fino alla metà si luglio. Poi l’asciutta estate romana fa sentire i suoi effetti. Se settembre è asciutto i prati non sono pronti prima della seconda metà di ottobre.
Le pratiche culturali devono cambiare. Ad esempio le frequenti trinciature e strigliature dei terreni hanno lasciato i prati liberi da infestanti e pronti ad approfittare di questo mite inverno romano e delle giornate più lunghe. Abbiamo anche accertato ormai che per lo sviluppo di un bel pascolo è importante per il regolare apporto dei preparati biodinamici 500 e 501. Inoltre l’impianto del prato deve essere fatto su terreni areati e precocemente a fine estate o all’inizio dell’autunno in modo da avere il pascolo pronto all’inizio della primavera.
Quest’anno i vitelli all’ingrasso sono entrati in stalla a fine gennaio e le mandrie delle fattrici (marchigiane, limousine e meticce) sono tornate al pascolo dal 27 febbraio; dal 10 marzo anche i vitelli all’ingrasso torneranno di nuovo al pascolo. L’aspetto negativo può essere l’aumento dei parassiti intestinali dei bovini. Abbiamo però notato che il consumo dell’erba prolungato aiuta a limitarne molto i sintomi.
Credo tutti i settori risentano di questi cambiamenti e che la sfida sia cominciarne a osservarne gli effetti per capire come poi poter agire. Per quanto ci riguarda la sfida più difficile è come continuare una produzione di olio di qualità senza utilizzare veleni e antiparassitari
Credits | Beaford Archive
Anna
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