Coltivare un’azienda secondo un sano e reale principio agroecologico è una rivoluzione complessa.
È un processo di apprendimento che va iniziato ex novo. Non sono le informazioni accumulate negli anni di studio a scuola, all’università oppure direttamente in campo che vanno cestinate ma l’approccio ambiguo a cui siamo stati esposti che ci metteva nelle mani di consulenti che arrivavano con una soluzione scritta in qualche protocollo.
L’idea era che mancava sempre qualcosa: le sostanze chimiche nei terreni, come l’azoto, il potassio e il fosforo, o qualche ammendante perchè il terreno era troppo acido o alcalino per quella cultura, oppure uno spray per uccidere un insetto o un liquido per curare una patologia. Come se la natura fosse difettosa. Che arroganza!
In natura c’è tutto ciò che serve e non può essere aggiustata a seconda delle esigenze individuali del momento .
L’innovazione della rivoluzione bio richiede un approccio diverso. Osservando come si evolve un ecosistema durante le stagioni dell’anno, in differenti condizioni climatiche si possono trovare molte indicazioni e soluzioni per i nostri problemi.
Inoltre dobbiamo ricordarci che anche noi siamo parte ormai dell’ecosistema in cui ci troviamo e che abbiamo contribuito a costruirlo negli anni. Per cui non è vero che il non intervento totale sia necessariamente una buona soluzione.
La flora e la fauna di un territorio antropizzato nei secoli va accudita e controllata. Decidere di non intervenire mai può rendere improduttivo un luogo e permettere il sopravvento di specie introdotte nel passato, che senza una adeguato controllo, possono prendere il sopravvento anche a scapito di specie autoctone e delle produzioni agricole.
L’approccio da perseguire è quello dell’imitazione dei processi della natura. Come si ottiene un terreno fertile quali sono i processi che fanno sì che i terreni di una prateria o di un bosco siano così fertili e ricchi di humus? Il processo è circolare: quello che viene tolto viene restituito in una forma diversa ma adatta ad ospitare comunque organismi viventi.
Una pianta nel sottobosco, nella buona stagione, germoglia, cresce. Le radici si sviluppano nel terreno contribuendo ad arieggiarlo, a mantenerne la struttura colloidale e ad arricchirlo. Questa radice lavora contro il compattamento del terreno e l’erosione che può essere causata dalle piogge battenti e dai venti, contribuendo a fermare il terreno con le sue ramificazioni. La pianta poi muore. Si decompone grazie alla miriade di microorganismi che si trovano nel suolo e diventa nutrimento per loro che a loro volta nascono e muoiono e contribuiscono a rendere il terreno soffice, umico e ricco di sostanze nutrienti.
I nutrienti sono inglobati in grandi molecole organiche che difficilmente si disciolgono con facilità nell’acqua e quindi sono sicuramente meno dilavabili di un sale come i normali concimi chimici. In questo humus così abbondante trovano il loro nutrimento i grandi alberi le cui foglie germogliano crescono e poi cadono e ed entrano a far parte del processo.
Anche gli animali che pascolano, come succedeva in epoche ormai lontane nelle praterie, erano parte del sistema e contribuivano a renderle rigogliose e fertili. Gli erbivori brucano l’erba e rendono quello che mangiano trasformato al terreno. Le fatte dei bovini sono cibo per una miriade di microorganismi e insetti che poi a loro volta sono cibo per gli uccelli e piccoli roditori.
Il sistema necessita di equilibrio e nessun essere vivente, sia pianta o insetto o fungo o batterio o mammifero può essere preponderante.
Troppi capi di bestiame in un pascolo compattano il terreno e mangiano troppo le specie di loro gradimento e il pascolo si impoverisce e quindi si sviluppano solo le piante non brucate. L’ecosistema si impoverisce, il terreno si compatta e la microflora e la microfauna non sono più in equilibrio. Il sistema diventa più sensibile alle variazioni del clima. Se troppo umido favorisce lo sviluppo di organismi anaerobici spesso portatori di malattie oppure se troppo asciutto il terreno si asciuga troppo, si forma una suola impenetrabile all’acqua piovana e si amplificano i problemi dell’erosione.
Ci sono alcune linee guida imprescindibili per chi vuole fare agricoltura biologica su terreni diciamolo pure rovinati da anni di agricoltura chimica.
Alla terra va restituito quello che si toglie. Cominciare subito con un bel sovescio.
Il Ritorno del Sovescio
Si deve seminare un sovescio ricco di specie di graminacee ma soprattutto di tantissime leguminose e qualche brassica che non piace ai nematodi. Tutte piante annuali che si lasciano crescere e alla fioritura si trinciano. Si lasciano appassire sul terreno. Poi si può erpicare leggermente il terreno e se fate biodinamica si irrora di 500 corno letame per aiutare la decomposizione.
Non ci interessa fare il letto di semina per il sovescio. È il sovescio che lavorerà il terreno, per noi con le radici di forme e grandezze diverse delle specie che lo compongono. Un sovescio alto, fitto farà una concorrenza spietata anche alle erbe infestanti presenti nei nostri terreni. Quindi all’inizio seminate ogni anno un bel sovescio.
Se il terreno è esaurito e povero anche dove si prevede di seminare un pascolo un bel sovescio prima dell’impianto farà sviluppare un bel prato.
Il sovescio sta finalmente tornando in auge. Perfino il New York Time dedica un articolo a questa pratica (Cover Crops, a Farming Revolution With Deep Roots in the Past di Stephanie Strom feb. 6, 2016).
In Indiana e in Illinois alcuni grossi agricoltori si sono accorti del degrado che stavano subendo i loro terreni in seguito alle monoculture e alle pratiche agricole dell’agroindustria. Hanno provato a seminare direttamente dopo il raccolto un sovescio ricco di specie diverse. Con il loro clima invernale gelido non hanno dovuto neanche trinciarlo perchè l’inverno ha fatto morire tutte le piante che sono quindi state lasciate sul terreno fino alla semina successiva.
Già dal primo anno hanno potuto vedere miglioramenti nel terreno e nelle rese. Con il tempo si sono accorti che il loro granoturco resisteva meglio alla siccità e che risparmiavano sui concimi. Ditte sementiere si sono messe a produrre miscugli per i sovesci e ora il dipartimento dell’agricoltura americano ,università e fondazioni private hanno fatto partire ricerche su questo metodo antico.
Le rotazioni Culturali
L’altra buona pratica è quella delle rotazioni culturali. Le leguminose contribuiscono ad arricchire il terreno anche se si raccolgono i semi (fagioli, pisello proteico, etc) oppure si sfalciano per il fieno (trifoglio, erba medica).Sono una benedizione, “un’invenzione” pazzesca. Piante che fissano l’azoto nel terreno grazie a un meraviglio laboratorio chiamato azotobacter.
Si possono anche inserire i pascoli nelle rotazioni culturali. Ogni tanto mandare a cereale, anche per due anni di seguito i terreni pascolati all’interno di un sano sistema di rotazione di pascoli da ottimi risultati in termini di resa e qualità.
I pascoli vanno curati. Non sovra-pascolare i prati. Bisogna rispettare la fisiologia delle piante. Gli animali non devono radere al suolo la pianta altrimenti nei periodi di siccità o eccessiva umidità può soccombere oppure non essere competitiva con quelle piante infestanti non appetibili per il bestiame che in certe condizioni possono essere favorite perchè ancora fornite di un ampio apparato fogliare
Se i nostri erbivori non amano certe specie e le lasciano sul campo noi li aiutiamo e trinciamo il pascolo dopo che li abbiamo fatti uscire. Non solo: le fatte vanno “strigliate”, ovvero sparpagliate sul terreno perchè cosi esponiamo una maggiore superficie ai processi ossidanti e si degradano uniformemente senza creare quelle chiazze di erba verde scuro amare perchè iper-concimate. L’erba crescerà rapidamente e uniformemente.
Generalmente non serve arare i terreni, meglio usare un ripper. Non è quasi mai necessario fare lavorazioni profonde. Se il terreno è asfittico conviene fare un bel sovescio. Bisogna invece sistemare i i canali di scolo, le pendenze e i drenaggi. L’acqua non deve ristagnare mai.
Non lasciare il terreno scoperto soprattutto nei mesi in cui piove tanto. Lavorare i terreni solo quando sono in tempera e non usare attrezzi che polverizzano la terra. Un terreno ricco di humus non ha bisogno di tante lavorazioni Usare quando e dove è possibile solo letame ben compostato. Ne serve poco ed è già trasformato in humus ricco di un infinità di microorganismi e i nutrienti che non si dilavano nel terreno contribuendo all’inquinamento.
Un grano che cresce in un terreno umico ha un bel colore verde ,è meno sensibile agli eccessi climatici come la troppa pioggia o la siccità e all’allettamento, l’apparato radicale resta più sano , si ammala meno, e da buone rese.
Anche per gli ulivi dobbiamo cambiare approccio. Domandarci se la nostra zona è adatta per ottenere una produzione di qualità. Dovremmo anche rivoluzionare i sistemi di raccolta. C’è la famigerata mosca olearia e va bene. In certe condizioni si sviluppa. Raccogliamo le olive quando sono ancora verdi e dure e quindi meno attaccate. I frantoi dovrebbero anticipare l’apertura e gli scienziati e ricercatori potrebbero aiutare gli olivicoltori studiando gli antagonisti della mosca olearia e quali piante potrebbero ospitarli così da poter realizzare una lotta biologica a imitazione del modello naturale che mantiene il suo equilibrio in presenza di biodiversità.
Carlo Petrini in un articolo sul sito Slow Food, parla della “rivoluzione agricola” che uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti, Bernie Sanders, ha messo nel suo programma elettorale”. Elenca “una serie di impegni che prenderà se sarà presidente”. Ne cita “alcuni particolarmente significativi che sul suo sito internet rientrano sotto il titolo piuttosto evocativo di “Imprese familiari invece che agroindustria”: partendo dalla premessa che «è inaccettabile che quattro multinazionali detengano più dell’80{db4952b922c89c84a11c12771c340231974b29b1a546ab41269169aff40af8ea} del mercato di carne di manzo e di soia e oltre il 60{db4952b922c89c84a11c12771c340231974b29b1a546ab41269169aff40af8ea} di quello della carne di maiale, il tutto mentre abbiamo perso trecentomila contadini in vent’anni».
Sanders dichiara di voler lottare per difendere le piccole e medie imprese a discapito dei colossi; lavorare per la creazione di sistemi alimentari regionali e locali perché le comunità possono prosperare solo se radicate sui mercati locali; ribaltare le politiche commerciali turboliberiste come il NAFTA perché penalizzano le produzioni locali e di piccola scala; ampliare la legislazione antitrust per contrastare multinazionali dell’agroalimentare che impongono prezzi ingiusti ai contadini.
Tutto questo, ovviamente, a braccetto con la necessità di rendere i processi agricoli puliti, non impattanti dal punto di vista ambientale e anzi strumento per la salvaguardia e la protezione delle risorse primarie come suolo e acqua e degli habitat a rischio.”
Infine un articolo del Daily Mail riporta una ricerca condotta dal Professor Carlo Leifert che spiega: “Le persone scelgono latte e carne biologica per almeno tre ragioni: il miglioramento del benessere animale, l’ impatto positivo dell’agricoltura biologica sull’ambiente e perche ne sentono i benefici”. Aggiunge anche che “ci sono differenze tra cibi convenzionali e biologici. Carne, latte, cereali,ortaggi e frutta biologici forniscono quantità significativamente più alte di omega 3 acidi grassi e di antiossidanti”.
Anna
Immagine radici | via
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